Chiesa di Santa Chiara

Sullo scorcio del secolo XIV anche a Rieti le donne ascritte al terzo ordine di S. Francesco, che fin allora erano vissute nelle loro case private, secondo la bolla di Urbano V del 1362 formarono una comunità che prese il nome di S. Chiara.

La notizia più antica che di essa noi possediamo, ci è data da un atto pubblico del 28 agosto 1406, col quale suor Caterina di Lucio Alfani, a nome del monastero di S. Chiara, compra, per 12 fiorini, da un tal Bucciarello di Nicola di Leonardo dell’Aquila una casa, situata in Porta Cintia di sotto, presso i beni del monastero medesimo. Nulla di più preciso abbiamo sul luogo, dove sorgeva il primo monastero di S. Chiara. Le terziarie francescane, nei primi tempi, si servivano della chiesa di S. Francesco per la aggregazioni di nuove adpete. Ci è giunta notizia di qualcuna di esse. Il 7 gennaio 1425 suor Caterina della Fratta, vedova di Gio. Antonio di Nuccio Petroni, come ministra del monastero, nella chiesa di S. Francesco, e propriamente nella cappella di S. Andrea, riceve nell’Ordine quattro donne reatine.

Sulla fine del 1452, il monastero di S. Chiara forse per motivi economici o disciplinari, appare unito al monastero benedettino di S. Margherita situato fuori dalla città. Questa unione non poteva certo piacere al monastero benedettino né al monastero francescano. Onde suor Margherita, suor Majna, suor Nicola da Cittaducale, che allora apparteneva alla diocesi reatina ed altre suore dell’Ordine di S. Francesco, chiesero al papa Eugenio IV il permesso di costruire una nuova casa, dove potessero fuggire i piaceri mondani. Il papa annuì alla domanda e con bolla del 20 settembre 1440, concesse loro facoltà di ritirarsi in una comoda casa, di eleggersi ogni tre anni una ministra, di aggregare altre donne, di vendere o permutare il luogo posseduto, di portare le corda, se così fosse loro piaciuto, invece della correggia, di scegliersi il confessore, regolare o secolare, come era stato concesso alle terziarie di Perugia, Foligno, Aquila, Viterbo.

Sebbene avessero ottenuto la facoltà d’erigere con un monastero proprio, sui primi del 1445 le vediamo ancora unite al monastero di S. Margherita. Dobbiamo arrivare al 1451, per vederle acconciate nel nuovo monastero, dove tutt’ora risiedono. Quivi, per prime maestre, ebbero alcune suore dello stesso Ordine del monastero di S. Anna di Foligno, tra le quali vuolsi che fosse anche la B. Angelina di quella città. Le suore allora supplicarono il papa Niccolò V affinché le avesse costituite in perfetta religione coi tre voto solenni delle castità, della povertà e dell’obbedienza, e il papa, con bolla del 17 febbraio 1452, accondiscese al loro desiderio.

Il nuovo monastero si sviluppò molto lentamente. Nel 1460, per 177 fiorini, comprò due case vicine con un orticello di dietro da Giovanni Petracchia e Cecca, sua moglie. Nel 1463, suor Elisabetta degli Atti da Todi, ministra del nuovo monastero, acquistò , per 138 fiorini, da Margherita moglie Francesco Rossetti, un ‘altra casa con orticello. In pari tempi si veniva costruendo la chiesa dedicata bensì a S. Stefano, a ricordo dicesi, della donazione di certe terre, fatta da alcune terziarie dello stesso titolo, una volta esistenti nel vicino castello di S. Elia, ma comunemente detta S. Chiara nuova. Il Comune di Rieti non poteva rimanere indifferente dinanzi alla costruzione della nuova chiesa e, appena terminata, a pieni voti deliberò , il 23 dicembre 1467, di donare ogni anno, nel giorno della , un cero di 32 soldi. Oblazioni di cittadini privati alla nuova casa religiosa non mancarono. Ciambelle a suor Elisabetta degli Atti, ch’era ancora ministra.

La chiesa, ancora facilmente riconoscibile, sebbene divisa in due parti da un muro, quando fu convertita in parlatorio, si sviluppava da oriente a occidente lungo la via. Se ne ammira ancora la bella volta a crociera, ma nulla sappiamo degli altari che vi erano né delle sue decorazioni. Nel 1511, pel refettorio, del monastero, Marcantonio di Antonazzo Aquili dipinse un trittico che oggi, in ottimo stato di conservazione, ammirasi nel Museo Civico. Esso rappresenta nelle tavole centrali la Resurrezione di Gesù, negli sportelli S. Stefano e S. Lorenzo, nella lunetta Dio Padre benedicente tra S. Antonio e S. Francesco e nel gradino la Passione di Gesù. Le religiose che nella seconda metà del secolo XVI raggiunsero il numero di 70 , avevano l’abitudine, come tutte le terziarie, d’uscire, a due a due, dal chiostro, ma, nel 1572, volendo essere equiparate a tutte le altre monache, ottennero dal papa Gregorio XIII il privilegio della clausura. Pensarono, allora, di costruire una nuova e più ampia chiesa che meglio soddisfacesse ai bisogni del culto.

A tanta impresa si poterono aggiungere, perché due religiose, suor Scolastica e suor Porzia, venute in possesso della pingue eredità del medico Paolo Bonamici di Aspra (Ϯ 1553), loro rispettivo padre ed avo, la impiegarono all’uopo. La fabbrica , per dissensi tra maestri muratori prima, e per difficoltà di manzione dopo, procedette assai lentamente. Cominciata nel 1570 e terminata nel 1592, soltanto il 21 dicembre 1594, festa di S. Tommaso Ap. poté essere consacrata dal vescovo Segni. La chiesa ampia e luminosa, è coperta di volta . l’altare maggiore, rifatto tutto di marmo, insieme con le porticine laterali, il ciborio e il baldacchino nel 1786 , ha una tela , rappresentante la Resurrezione di Gesù, dedicato a S. Tommaso, S. Chiara, ed altri santi. Nella parete destra è un solo altare, dedicato a S. Tommaso Ap. , a ricordo del giorno in cui la chiesa fu consacrata. Nella parete sinistra invece, sono due gli altari: l’uno, presso la porta, dedicata a S. Stefano Protomartire, a ricordo dell’antico Titolare, l’altro presso l’altar maggiore, alla Vergine e ai seguaci di S. Francesco e S. Chiara. Presso la porta, a sinistra, è il monumento di Paolo Bonamici colle seguenti iscrizioni:

D.O.M.

Paulus Bonamico Casperio Vite Integritate Innocentiaq. Et Medico Cum Summa Rerum Naturalium ScentiaTum Longo Earum Usu Praeclare. Qui Multis Samnitum Thusiorum Sabinorum
Umbronumq. Papolis Fere Divinitus Curatis. A Iul. III Pont. Max . Ob Artis Fomam HonoreficeArcessitusAb illuctriUrsinorum Et Sabellorum Familia Certe Peronniq. Mercede Conductus Postremo Hane Reatinam Civitatem Ubi Reliquum Omne Tempus Aetatis
Degeret Elegat. In Qua Civitate Donctus LXIII An. Magno Omnium Moerore Obiis. Scolastica Filia Et Portia Neptis Haeredes Quae Virgines Sancto Huic Virginum Collegio Ultro
Et de Sincul Et Suam Rem Omnem Quae XII Millicom Scutorum
Fuit Addiscerunt Benemeriti Gratiae Et Pietatis Ergo Maestiss. P. M. D. LXVI.

Sul pavimento, lì presso un’altra iscrizione ricorda la nipote Porzia:

D. O. M.
Religiosa Mater
Soror Portia Bonamici
Ministra
Monasterii S. Clarae
Obit Die VIIII Iunii
MDCXXXI
Etatis Sue Annos
LXXXV.

Sulla porta è il coro, costruito nel 1599, da Girolamo Calcina. Il campanile terminato nel 1590 e fornito del cartello di legno soltanto nel 1603, ripete assai tardivamente il tipo architettonico predominante a Rieti. Esso sporge a destra della severa facciata e termina con una cella, formata di due piani, in ciascuno dei quali s’apre una bifora per banda. Vi sono campane. Il monastero di S. Chiara, rimasto sempre sotto il governo dei frati minori, è l’unico della Provincia Romana che sia sopravvissuto alla legge di soppressione delle comunità religiose, perché le monache aiutate dall’Ordine, riscattano il fabbricato dal Comune che ne era proprietario.   A cura di Ileana Tozzi

Attualmente, causa eventi sismici, la chiesa di Santa Chiara non è agibile.

2023-10-06T11:58:00+00:0018 Maggio 2021|

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